Centro studi Isokinetic, Bologna
di DR. Gianni Nanni Isokinetic Centro di Riabilitazione per lo Sport; Bologna - Medico Sociale Bologna FC. 1909
[...] La classificazione da noi proposta distingue i traumi muscolari che originano da un meccanismo indiretto, in cinque livelli di gravità che vengono definiti: 1) contrattura, 2) stiramento e 3) strappo di primo, secondo e terzo grado. I criteri adottati per distinguere i cinque livelli di gravità sono contemporaneamente di ordine anamnestico, sintomatologico ed anatomo-patologico.
1. Contrattura. Si manifesta con dolore muscolare che insorge quasi sempre a distanza dall'attività sportiva, con una latenza variabile (dopo qualche ora o il giorno dopo), mal localizzato, dovuto ad un'alterazione diffusa del tono muscolare (criteri anainnestico e sintomatologico), imputabile ad uno stato di affaticamento del muscolo, in assenza di lesioni anatomiche evidenziabili macroscopicamente o al microscopio ottico (criterio anatomo patologico).
2. Stiramento. È sempre conseguenza di un episodio doloroso acuto, insorto durante l'attività sportiva, il più delle volte ben localizzato, per cui il soggetto e costretto ad interrompere l'attività, pur non comportando necessariamente un'impotenza funzionale immediata, e del quale conserva un preciso ricordo anamnestico (criteri anamnestico e sintomatologico). Poiché dal punto di vista anatomo-patologico non sono presenti lacerazioni macroscopiche delle fibre, il disturbo può essere attribuito ad un'alterazione funzionale delle miofibrille, ad un'alterazione della conduzione neuro-muscolare oppure a lesioni sub microscopiche a livello del sarcomero. La conseguenza sul piano clinico è rappresentata dall'ipertono del muscolo, accompagnato da dolore.
3. Strappo. Si manifesta con dolore acuto, violento che compare durante l'attività sportiva (criteri anamnestico e sintomatologico comuni a tutti gli strappi), attribuibile alla lacerazione di un numero variabile di fibre muscolari. Lo strappo muscolare è sempre accompagnato da uno stravaso ematico (criterio anatomo-patologico comune), più o meno evidente a seconda dell'entità e della localizzazione della lesione e dall'integrità o meno delle fasce La distinzione in gradi viene riferita alla quantità di tessuto muscolare lacerato (criterio anatomo-patologico) e comprende:
strappo di I grado: lacerazione di poche miofibrille all'interno di un fascio muscolare, ma non dell'intero fascio;
strappo di Il grado: lacerazione di uno o più fasci muscolari, che coinvolge meno dei 3/4 della superficie di sezione anatomica del muscolo in quel punto;
strappo di III grado: rottura muscolare, che coinvolge più dei 3/4 della superficie di sezione anatomica del muscolo in quel punto e che può essere distinta in parziale (lacerazione imponente, ma incompleta della sezione del muscolo) o totale (lacerazione dell'intero ventre muscolare). [...]
Da una simile classificazione risulta evidente che quanto mi sia capitato possa essere uno stiramento in quanto presenti tutte le caratteristiche dello stesso:
- dolore acuto durante gesto atletico;
- ben localizzato (anche alla palpazione);
- interruzione obbligata dell'attività sportiva;
- ricordo puntuale dell'avvenuto "stiramento".
Si parla anche di alterazione funzionale delle miofibrille oppure di lesioni sub microscopiche al livello del sarcomero. Ma cosa si intende con miofibrille e sarcomero???
Ogni muscolo striato (fig.1) del corpo umano, a livello macroscopico, è costituito da fibre, formate a loro volta da più miofibrille, le quali in ultimo sono costituite damiofilamenti proteici. Questi ultimi sono di due tipi:actina (più sottili) emiosina, sono sovrapposti e scorrono vicendevolmente.
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Fig. 2 |
L'unità funzionale di un muscolo scheletrico è il sarcomero (fig.2), ai cui estremi, le "linee Z", sono attaccati i filamenti di actina. Nella parte mediana del sarcomero troviamo i filamenti di miosina che, durante la contrazione, trascinano i filamenti di actina grazie a dei "ponti trasversali", avvicinando così le linee Z.
La fase eccentrica o di allungamento avviene al contrario, ossia con l'allontanamento delle linee Z dal centro del sarcomero, fino a quando non c'è quasi più sovrapposizione tra i filamenti di actina e miosina.
In assenza di sovrapposizione delle miofibrille, se l'allungamento dovesse perdurare o aumentare, come durante certi esercizi di stretching, la tensione verrebbe a scaricarsi sui tessuti connettivi delle fibre muscolari e del muscolo in genere: reticolo sarcoplasmatico, sarcolemma e endomisio.
Di seguito un video che spiega in maniera eccellente l'intera fase di contrazione di un muscolo:
E veniamo quindi finalmente a capire il ruolo dell'ATP e dell'ADP nell'azione di uno sportivo.
All'interno del muscolo l'unica sostanza che sia in grado di fornire energia per i meccanismi contrattili è l'ATP (adenosina trifosfato). Si tratta di una sostanza particolare, sintetizzata all'interno del muscolo, che appartiene alla classe dei nucleotìdi e ha una struttura peculiare: la sua molecola è costituita da un nucleo principale, l'adenosina, al quale sono legate 3 molecole di acido fosforico.
In particolare l'ultima molecola di fosfato (P) può staccarsi con facilità e liberare una grande quantità di energia (circa 7,3 Kcal/mole di ATP) che può venire utilizzata in tutte le cellule per le necessità metaboliche. Quando il distacco del radicale fosforico avviene in condizioni controllate, attraverso l'intervento di un enzima (l'ATPasi) si può fare in modo che la grande quantità di energia resa disponibile dalla rottura del legame possa essere immediatamente sfruttata attraverso l'accoppiamento di un altro fenomeno chimicofisico, come ad esempio la deformazione meccanica dei ponti fra actina e miosina a livello del sarcomero. Si tenga presente che tutti i fenomeni chimici possono essere intesi, a livello molecolare, come dei veri e propri fenomeni meccanici: non stupisce perciò che il risultato di una reazione chimica sia una deformazione meccanica, così come non stupisce che la reazione chimica degli idrocarburi della benzina con l'ossigeno porti ad una spinta sul pistone del motore a scoppio.
La scissione dell'ATP in ADP (adenosìnadifosfato) ed acido fosforico (P) comporta nella cellula un aumento della quantità di ADP e la riduzione dell'ATP disponibile. Si tenga presente, che l'ATP già pronto, disponibile nella cellula, è quantitativamente irrisorio ed è perciò indispensabile che appena esso comincia a diminuire la cellula se ne procuri dell'altro attraverso i processi di resintesi.
Torniamo adesso con i piedi per terra e ragioniamo con un po' di buon senso. Il mister mi faceva notare che l'infortunio (come altri) è arrivato "stranamente" dopo un periodo di stop forzato ed un conseguente ritorno eccessivamente impetuoso agli allenamenti.
Se do' un'occhiata agli allenamenti pre-infortunio leggo:
7 giorni di stop per incidente
24 mag - lento di 10km a 5'14''
25 mag - fartlek di 10,5 km a 4'30''
28 mag - lungo di 14km a 4'19''
29 mag - lento di 10km a 5'13''
30 mag - qualità 5K a 4'02'' + 3K a 3'45'' + 5x150m in salita
01 giu - lento di 10km a 5'15'
02 giu - qualità ed infortunio sul secondo event-run.
Gli errori sono evidenti:
1) Fartlek assolutamente inutile e da evitare, se la testa dice corri tu mandala a quel paese!
2) Lungo decisamente distruttivo. La media che avrei dovuto mantenere sarebbe dovuta essere intorno ai 4'40''/km.
3) La qualità del 30 maggio, seppur molto buona, si poteva correre con più parsimonia facendo un 4'10'' di medio ed un 3'50'' di veloce.
4) Correre un event-run in 46'' quando i precedenti li correvo in 49'' non è proprio na' furbata!
Tutti questi ingredienti mi hanno portato non tanto al sovrallenamento (fisicamente mi sentivo un leone) ma sicuramente all'esposizione ad eventuali (nel mio caso avvenuti) infortuni! Il tanto bistrattato RECUPERO è PARTE FONDAMENTALE di un allenamento organico. Tutti lo sanno, pochi lo applicano alla lettera.
Ma perché è così importante il riposo? La risposta è nella SUPERCOMPENSAZIONE.
Dopo ogni sessione di allenamento e durante il riposo, si verifica una compensazione (rappresentabile in un grafico con una curva ) durante la quale le riserve energetiche e le potenzialità neuro-muscolari vengono ripristinate e la curva, precedentemente scesa sotto il livello normale, comincia a risalire verso la condizione di omeostasi. Questo fenomeno necessita di un numero di ore dipendente da vari fattori come intensità, volume e durata dell'allenamento.
Se questo tempo di riposo viene "indovinato' o programmato esattamente, si dà la possibilità all'organismo di recuperare tutte le scorte energetiche perse e di acquisire quel "qualcosa in più' che fa la differenza. Questo rifornimento di energia porta l'atleta nel cosiddetto stato di supercompensazione e gli dà forze persino superiori per allenarsi più intensamente.
Tuttavia, anche lasciare troppo tempo di riposo per la supercompensazione può essere deleterio e portare ad una involuzione nelle capacità di allenamento.
Il tempo giusto da dare alla supercompensazione in base all'attività svolta è indicato nella tabella:
Tempo occorrente per la supercompensazione in base all'attività svolta
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Tipo di allenamento
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Metabolismo energetico implicato
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Tempo occorrente per la supercompensazione (in ore)
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AEROBICO/CARDIOVASCOLARE
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AEROBICO
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6-8
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FORZA MASSIMALE
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ANAEROBICO/ALATTACIDO
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24
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IPERTROFIA/DEFINIZIONE
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ANAEROBICO/LATTACIDO
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36
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Facile comprendere che il difficile nel creare una tabella sta proprio nel saper miscelare al meglio gli ingredienti. Il mister in questo è un mago, purtroppo vuoi la sfiga vera e propria (l'incidente) vuoi un po' tutto il resto, i risultati non sempre sono quelli sperati e programmati!!!
Intanto oggi ho fatto il mio rientro in "campo" con un timido test per capire la situazione...6km ad andatura blanda (sui 5'40''/km).
Durante la corsa il dolore è stato abbastanza diffuso e si esprimeva nella fase di volo, subito dopo l'atterraggio sulla gamba destra (quindi con la gamba che flettendo risaliva verso il sedere); la sensazione è stata quella di gamba "gonfia" e "legata". Al tatto, facendo pressione, trovo con precisione il punto dolente, che ho anche evidenziato nell'immagine a destra.
In questi casi pare ci sia davvero poco da fare. Se non altro la mano è guarita e posso finalmente caricare pesi col bilanciere. Penso perciò di gestire la settimana che viene tra corse blandissime (tanto per testare la funzionalità della gamba e fare un po' di esercizio aerobico) e pompaggio modello culturista in palestra (pompaggio dedicato ovviamente all'upper-body).